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specifico. Proprio perchè sono unità lessicali autonome, questo tipo di alterati
appaiono nei dizionari come vocaboli a sè stanti: troveremo quindi corpino con
la definizione 'parte superiore dell'abito femminile', tinello con la definizione
'saletta da soggiorno', paglietta con la definizione 'cappello di paglia', fioretto
con le definizioni 'opera buona' e tipo di 'spada'.
Per quale ragione si parla di alterati falsi? Il fatto è che in tutti questi casi
non siamo di fronte ad alterati, ma a veri e propri derivati, cioè a parole di
significato completamente diverso (nella sostanza, non soltanto in un aspetto
particolare) rispetto alle parole di partenza. Rimane comunque la possibilità di
usare corpino, tinello, paglietta, fioretto come alterati veri, di usare cioè corpino
nel senso di 'piccolo corpo', tinello nel senso di 'piccolo tino', paglietta nel senso
di 'piccola paglia', fioretto nel senso di 'piccolo fiore'; ma si tratta di una
possibilità piuttosto remota, limitata fra l’altro dal rischio di fare confusione con
i significati più comuni.
Nella produzione di alterati si ha qualche restrizione di carattere formale. In
genere si evita la successione della stessa vocale nella base e nel suffisso: da
tetto si può avere tettino, tettuccio, ma non *tettetto; da contadino si può avere
contadinello, contadinetto, ma non *contadinino.
5. Tipi di alterati
La differenza di significato degli alterati rispetto alla base riguarda la
quantità e la qualità : da una parte c'è un valore diminutivo / accrescitivo,
dall'altra un valore positivo / negativo. Questi due valori non si escludono, anzi
si richiamano a vicenda: alla piccolezza si riferisce la delicatezza e la gentilezza
(casuccia, rondinella) oppure la debolezza e la meschinità (donnetta,
omiciattolo); alla grandezza si riferisce la forza e il valore (ragazzone,
dottorone) oppure la bruttezza e l’incapacità (piedone, facilone).
Distinguiamo gli alterati in due categorie principali, i diminutivi e gli
accrescitivi, indicando i casi in cui si ha la prevalenza del valore di 'simpatia'
(vezzeggiativi) o del valore di 'disprezzo' (peggiorativi). A parte consideriamo
gli alterati verbali.
a. Alterati diminutivi
Possono essere ottenuti con i suffissi:
•-ino: mamma — mammina, minestra — minestrina, pensiero —
pensierino, ragazzo — ragazzino, bello — bellino, difficile — difficilino.
Possiede anche due varianti con interfisso (elemento inserito tra la base e il
suffisso): -(i)cino e -olino; eccone alcuni esempi: bastone — bastoncino, libro
—libric(c)ino; sasso — sassolino, topo — topolino, freddo — freddolino, magro
— magrolino.
Nella lingua parlata appaiono anche avverbi alterati: presto — prestino,
tanto — tantino, tardi — tardino. Il suffisso alterativo -ino è quello con il quale
si ha più frequentemente il cumulo dei suffissi: casa — casetta — casettina,
gonna — gonnella —gonnellina;
• -etto: bacio — bacetto, camera — cameretta, casa — casetta, lupo —
lupetto, basso — bassetto, piccolo – piccoletto.
14 specifico. Proprio perchè sono unità lessicali autonome, questo tipo di alterati appaiono nei dizionari come vocaboli a sè stanti: troveremo quindi corpino con la definizione 'parte superiore dell'abito femminile', tinello con la definizione 'saletta da soggiorno', paglietta con la definizione 'cappello di paglia', fioretto con le definizioni 'opera buona' e tipo di 'spada'. Per quale ragione si parla di alterati falsi? Il fatto è che in tutti questi casi non siamo di fronte ad alterati, ma a veri e propri derivati, cioè a parole di significato completamente diverso (nella sostanza, non soltanto in un aspetto particolare) rispetto alle parole di partenza. Rimane comunque la possibilità di usare corpino, tinello, paglietta, fioretto come alterati veri, di usare cioè corpino nel senso di 'piccolo corpo', tinello nel senso di 'piccolo tino', paglietta nel senso di 'piccola paglia', fioretto nel senso di 'piccolo fiore'; ma si tratta di una possibilità piuttosto remota, limitata fra l’altro dal rischio di fare confusione con i significati più comuni. Nella produzione di alterati si ha qualche restrizione di carattere formale. In genere si evita la successione della stessa vocale nella base e nel suffisso: da tetto si può avere tettino, tettuccio, ma non *tettetto; da contadino si può avere contadinello, contadinetto, ma non *contadinino. 5. Tipi di alterati La differenza di significato degli alterati rispetto alla base riguarda la quantità e la qualità : da una parte c'è un valore diminutivo / accrescitivo, dall'altra un valore positivo / negativo. Questi due valori non si escludono, anzi si richiamano a vicenda: alla piccolezza si riferisce la delicatezza e la gentilezza (casuccia, rondinella) oppure la debolezza e la meschinità (donnetta, omiciattolo); alla grandezza si riferisce la forza e il valore (ragazzone, dottorone) oppure la bruttezza e l’incapacità (piedone, facilone). Distinguiamo gli alterati in due categorie principali, i diminutivi e gli accrescitivi, indicando i casi in cui si ha la prevalenza del valore di 'simpatia' (vezzeggiativi) o del valore di 'disprezzo' (peggiorativi). A parte consideriamo gli alterati verbali. a. Alterati diminutivi Possono essere ottenuti con i suffissi: •-ino: mamma — mammina, minestra — minestrina, pensiero — pensierino, ragazzo — ragazzino, bello — bellino, difficile — difficilino. Possiede anche due varianti con interfisso (elemento inserito tra la base e il suffisso): -(i)cino e -olino; eccone alcuni esempi: bastone — bastoncino, libro —libric(c)ino; sasso — sassolino, topo — topolino, freddo — freddolino, magro — magrolino. Nella lingua parlata appaiono anche avverbi alterati: presto — prestino, tanto — tantino, tardi — tardino. Il suffisso alterativo -ino è quello con il quale si ha più frequentemente il cumulo dei suffissi: casa — casetta — casettina, gonna — gonnella —gonnellina; • -etto: bacio — bacetto, camera — cameretta, casa — casetta, lupo — lupetto, basso — bassetto, piccolo – piccoletto.
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